SOTTOMESSI AD ALLĀH, MA NON ALL’ESTREMISMO

Riflessioni post-Eid Al Adha 1442, nei giorni di Al Tashriq. Nel “ricordare Allāh” (swt) come ci esorta il Profeta Muhammad (saw) in un Hadīth (Muslim, 1141), il pensiero si dirige in alto verso di Lui, il Signore dei Mondi. Ana Muslim! Ad Allāh (swt) sono “sottomesso”, e intendo ripeterlo, “sottomesso”, perché oggi più che mai occorre fare chiarezza sul significato autentico del concetto di “sottomissione”, che rappresenta il cuore della “fede” islamica.

Offrire interamente se stessi alla volontà e agli imperscrutabili disegni dell’Onnipotente, con la convinzione assoluta e incrollabile della bontà delle Sue intenzioni, dirigendo ogni “sforzo” (Jihād) alla loro realizzazione: questa è la “sottomissione”, esiste una realizzazione spirituale più grande? Non a caso Allāh (swt), “il Saggio, il Sapiente” (Sūrah “Az-Zukhruf”, 43:84), nel Sublime Qu’ran ha voluto denominare il completamento della Sua “rivelazione” con il termine Islām, “sottomissione” appunto (Sūrah “Al Mā’ida”, 5:3), e i “credenti” come musulmani, “coloro che si sottomettono”.

Nella Sua immensa misericordia, il “Creatore dei cieli e della terra” ci ha donato i Profeti, da Ibrāhīm (saw) Khalilullah, il primo musulmano, a Muhammad (saw), l’impareggiabile “sigillo”, quali modelli di “fede” da seguire per aver consegnato la propria vita nelle Sue mani senza mai cedere a rimpianti o ripensamenti, in un atto di totale “sottomissione”. Ecco la massima prova che Allāh (swt) pone di fronte alle Sue creature sulla “Retta Via” della “salvezza”, attraverso le vicissitudini e i travagli che caratterizzano l’esistenza terrena.

Ciò naturalmente non ha nulla a che vedere con le calunnie infanganti che dipingono l’Islām come religione dispotica e Allāh (swt) come un tiranno, nel cui nome i suoi “sottomessi” compiono azioni terribili. In questa demonizzazione, che travolge con particolare veemenza il Sublime Qu’ran, è evidente lo zampino d’Iblīs e dei suoi shayātīn, ai quali la “sottomissione” degli uomini all’Altissimo e il legame di “fede” che li unisce sono talmente invisi da essere oggetto di una guerra feroce, pervasiva e incessante.

Iblīs non si accontenta infatti dei piccoli “sviamenti” quotidiani, limitandosi a “suggerire” al credente comportamenti che nelle relazioni familiari, sociali, lavorative, o nell’affrontare problemi personali, possano allontanarlo dai tratti fondamentali in cui, per essere “perfetta”, dovrebbe estrinsecarsi la “fede” in Allāh (swt): la “pazienza” (Sabr), la “moderazione” (Wasatiyyah) e l’agire secondo la “verità” (Haqq). L’obiettivo d’Iblīs è molto più grande e per raggiungerlo ha schierato sul campo di battaglia la sua arma più satanica e potente: l’estremismo, quello dell’ISIS, di Al Qa’ida e di altri gruppi terroristici, che affonda le radici nella sovversione teologica, dottrinaria e spirituale dell’Islām, perpetrata da presunti “dottori della legge” e predicatori che è lo stesso Iblīs ad ispirare.

Con la diffusione dell’inganno ideologico dell’estremismo, Iblīs ha così creato una propria “comunità di credenti”, un’anti-Ummah blasfema e guerrafondaia composta da militanti a lui “sottomessi”, sebbene questi falsi mujāhidīn destinati alla dannazione nutrano l’illusione di esserlo nei confronti di Allāh (swt), come fossero veri musulmani. Anzi, Iblīs riesce persino a convincerli che ad essere gli unici veri musulmani siano loro e soltanto loro, in tal modo legittimandoli a seminare morte e distruzione per “sottomettere” tutto ciò che li circonda, e dando la stura alle aberranti narrative anti-islamiche prodotte dall’“ignoranza” che imperversano attualmente nel senso comune.

Che fare? La risposta è combattere. I musulmani sono chiamati a combattere l’estremismo per gettarlo definitivamente nella pattumiera della storia, in un rinnovato “sforzo” (Jihād) collettivo che interpella l’intera Ummah. Naturalmente, Allāh (swt) non avrebbe bisogno dell’aiuto degli uomini per fronteggiare gli attacchi d’Iblīs, poiché Egli “è su tutto Onnipotente” (Surah “Fātir”, 35:1) e “dirige chi vuole sulla Retta Via”, anche i “credenti” trasformati in violenti attentatori e assassini (Sūrah “An-Nūr”, 24:46).

D’altro canto, l’impegno nella lotta all’estremismo è anche misura della “fede” di ogni musulmano, di una “fede” che Allāh (swt) vuole forte e coraggiosa, degna del Profeta Ibrahim (saw) e del Profeta Muhammad (saw). Una “fede” che non si limiti alle invocazioni di aiuto e benedizioni, e che non sia rinchiusa esclusivamente nella sfera personale, ma che collabori attivamente con Lui, ciascuno nel proprio ambito, per il bene della Ummah. La diffusione dell’estremismo negli ultimi decenni e la presa che continua a esercitare ancora oggi, sono indice tuttavia di come l’impegno di “fede” dei “credenti” contro l’opera malvagia d’Iblīs sia stato finora insufficiente. Allah (swt) c’era, c’è e ci sarà sempre contro l’estremismo, ma i musulmani?

È ora di cominciare e sul serio, con le armi che è lo stesso Allāh (swt) a mettere a disposizione: “pazienza” (Sabr), “moderazione” (Wasatiyyah) e “verità” (Haqq), le armi della “fede” unite insieme per ricondurre al vero Islām coloro che sono stati “sviati” dall’estremismo e far comprendere agli “ignoranti” in cosa consiste davvero la “sottomissione”. Perché è nell’essere “servi” di Allāh (swt) che risiede la pace dell’anima sulla “Retta Via” della “salvezza”.

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