IL VERO ISLĀM: CORANO E HADĪTH CONTRO L’ESTREMISMO

Islām religione di pace. È lo stesso Corano, insieme agli Hadīth del Profeta Muhammad (saw), a condannare categoricamente il terrorismo e la radicalizzazione dell’ISIS, di Al Qāʿida e dei predicatori dell’estremismo. La “rivelazione” affidata da Allāh (swt) ai testi sacri indica infatti per tutti i musulmani, in maniera chiara e inequivocabile, che la direzione da seguire nelle relazioni con i non-musulmani e gli altri fedeli di religione islamica è ben diversa da quella propagandata criminosamente ancora oggi dai seguaci di Abu Bakhr Al Baghdadi e Osama Bin Laden.

LA “MODERAZIONE” INVOCATA DAL PROFETA MUHAMMAD (saw)
Il Profeta Muhammad (saw) mette ripetutamente in guardia i musulmani dal cadere nella trappola ideologica e psicologica dell’estremismo, che stravolge il messaggio, lo spirito e i contenuti dell’Islām autentico, sfruttando senza scrupoli anche fattori come disagio sociale e marginalizzazione ai fini del reclutamento.

“Facemmo di voi una comunità moderata” (Ummahtan Wasatan), spiega la celebre Sūrah “Al Baqara” (2:143), mentre la Sūrah “Al Isrā'” sottolinea per i musulmani la necessità di “pregare né con voce troppo alta né con voce troppo bassa”, cercando piuttosto tra i due estremi “una via mediana” (17:110).

La Sūrah “Luqmān” ricorda ai musulmani di “non trattare gli uomini con disprezzo”, e di “non camminare orgogliosamente sulla terra”: “Allāh”, infatti, “non ama l’arrogante e il vanaglorioso”. “Nel camminare” il vero musulmano deve essere “modesto”, così come nel parlare deve mantenere “bassa” la voce, poiché “la più rumorosa delle voci è il raglio dell’asino” (31:19).

Aderire ai comandamenti del Corano per ogni musulmano significa di conseguenza incarnare nella propria vita un atteggiamento di Wasaṭiyyah, ovvero di “moderazione”, equilibrio ed equità . “L’odio per un popolo ‒ afferma il Profeta Muhammad (PBSL) nella Surah “Al Mā’ida” (5:8) ‒ non deve allontanarvi dalla giustizia”.

ISIS E AL QĀʿIDA: I VERI “NEMICI” DELL’ISLĀM
Non c’è nulla di più lontano dal messaggio che Allāh (swt) ha deciso di veicolare all’umanità attraverso il suo ultimo Profeta Muhammad (saw), delle efferatezze e della sopraffazione che caratterizzano il terrorismo e la radicalizzazione. L’ISIS e Al Qāʿida continuano a insanguinare il mondo, a mietere vittime e a portare morte e distruzione in ogni continente, in nome di una visione distorta e manipolatoria del Corano e degli Hadīth, dal punto di vista teologico, spirituale e dottrinario.

Da una lettura non “politicizzata” dei testi sacri – una lettura che non si piega alle esigenze propagandistiche e alle strumentalizzazioni di agende bellicose alimentate da “orgoglio, “arroganza” e “vanagloria” (che il Corano condanna senza appello) – emerge inequivocabilmente il totale rigetto da parte dell’Islām del fanatismo e della violenza che ne consegue. Pace, perdono, tolleranza e riconciliazione sono invece i tratti distintivi fondamentali della predicazione del Profetto Muhammad (saw), a cui tutti i musulmani in ogni tempo sono chiamati ad attenersi. Ecco alcuni illuminanti esempi tratti dagli Hadīth:

“[…] un’azione migliore di digiunare, fare la carità e pregare? […] Fare la pace l’uno con l’altro: inimicizia e malizia strappano le ricompense celesti alla radice”.

“L’orgoglioso non entrerà in Paradiso, e nemmeno colui che parla con violenza”.

“Nessuno di voi crede davvero finché non augurate agli altri quello che augurate a voi stessi”.

Altri esempi dal Corano:

“Siate cortesi quando discutete con i Popoli del Libro” (Sūrah “’Al Ankabūt”, 29:46).

“Nel Giorno in cui Lo incontreranno, il loro saluto sarà: ‘Pace’. Egli ha preparato per loro una generosa ricompensa” (Sūrah “Al Ahzāb”, 33:44)

“La ricompensa per un insulto è un insulto della stessa entità: ma se una persona perdona e si riconcilia, la sua ricompensa da parte di Allāh è dovuta, perché Allāh non ama coloro che fanno il male” (Sūrah “Ash-Shūrā, 42:40).

Non vi è dubbio, allora, sul fatto che l’ISIS, Al Qāʿida e i predicatori dell’estremismo si siano posti in piena contraddizione con i principi e i valori proclamati dal Profeta Muhammad (saw), dichiarando guerra, oltre che all’intera umanità, alla stessa religione islamica che dicono di rappresentare. I veri “miscredenti” e “infedeli” sono loro, i militanti e i simpatizzanti del terrorismo e della radicalizzazione.

IL FALSO ISLĀM DELL’ESTREMISMO
L’errore fatale in cui incorre l’estremismo risiede in una concezione “esclusivistica” del Tawhīd, il principio dell’“unicità di Dio” su cui si basa la shahādah, la testimonianza di fede per i musulmani: “Non c’è altro dio se non Allāh” (Ashadu an la ilaha illa Allāh, أشهد أن لا إله إلا الله).

Sull’argomento, il Corano non lascia spazio a interpretazioni, riconoscendo che i musulmani e i fedeli di altre religioni (nel caso specifico, i “Popoli del Libro”) condividono lo stesso Dio: “Il nostro Dio e il vostro Dio è uno. A Lui ci sottomettiamo” (Sūrah “Al Ankabūt”, 29:46). Nessuna parificazione tra le “rivelazioni”, naturalmente. La “verità” è una sola ed è quella inscritta nel Corano, che il Profeta Muhammad (saw) esorta costantemente i non-musulmani ad accogliere, sebbene lasciando libertà di scelta, come afferma nella Sūrah “Al Baqara”: “Non c’è costrizione nella religione. La retta via ben si distingue dall’errore” (2:256).

Al contempo, il Corano mette più volte in risalto come la riconducibilità a un unico Dio di tutti gli esseri umani, a prescindere dalla confessione religiosa, corrisponda perfettamente al “disegno” di Allāh (swt):

“Se Allāh avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità” (Sūrah “Al Mā’ida”, 5:48).

“Se Allāh avesse voluto, avrebbe fatto di tutti gli uomini una sola comunità” (Sūrah “Hūd”, 11:118).

“Se Allāh avesse voluto, avrebbe fatto [degli uomini] un’unica comunità” (Sūrah “Ash-Shūrā, 42:8).

“Fan parte dei Suoi segni, […] la varietà dei vostri idiomi e dei vostri colori” (Sūrah “Ar-Rūm”, 30:22).

Tuttavia, l’ISIS, Al Qāʿida e i predicatori dell’estremismo insistono nel voler negare la “verità” del Corano, considerando Allāh (swt) un’esclusiva dei soli musulmani e, per di più, solo di quei musulmani che subiscono l’inganno operato dalla mistificazione dell’Islām che produce terrorismo e radicalizzazione. A venire distrutto è così il “disegno” complessivo di Allāh (swt), che è invece volto a favorire la fratellanza e la solidarietà nella “diversità”: “O uomini, […] abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda” (Sūrah “Al Hujurāt”, 49:13).

La shahādah che campeggia sulla bandiera nera dell’ISIS e di Al Qāʿida è pertanto una dichiarazione di guerra rivolta tanto ai non-musulmani, quanto ai musulmani che si attengono strettamente al dettato del Corano e rigettano le manipolazioni interpretative di chi professa il cosiddetto tafkirismo, che accusa entrambi di “idolatria”, accomunandoli a unico destino: quello di una morte violenta, quando non basta la sottomissione più brutale, ignorando il messaggio di pace universale affidato da Allāh (swt) al Profeta Muhammad (saw).

APPELLO A TUTTI I MUSULMANI
L’Islām presenta una dottrina ampia e dettagliata sul ricorso alla forza militare, che il Corano limita a finalità esclusivamente “difensive” nel quadro di regole di condotta ben precise. Si tratta di un diritto internazionale umanitario e dei conflitti armati ante-litteram, che sancisce l’illiceità e l’illegalità delle stragi e delle più terribili violazioni della dignità umana di cui il terrorismo e la radicalizzazione si sono macchiati.

Lo stato di conflittualità permanente fatto proprio dall’ISIS, da Al Qāʿida e dai predicatori dell’estremismo, e le “tecniche” di guerra impiegate, non trovano giustificazione alcuna nel Corano e negli Hadīth. Inoltre, ogni loro riferimento ai testi sacri è meramente pretestuoso, poiché pretende di attualizzare situazioni e dinamiche passate ed irripetibili, attinenti al periodo storico in cui il Profeta Muhammad (saw) è vissuto, quello della nascita e dell’inizio della propagazione dell’Islam.

Ciò chiama direttamente in causa la nozione che riveste una posizione centrale nell’Islām: il Jihād, che letteralmente indica uno “sforzo” proteso verso uno scopo. L’etimologia risale alla radice “ǧ-h-d“, da cui derivano anche altri termini che designano concetti fondamentali nell’Islām e sono correlati a Jihād: mujāhadah, che evoca la battaglia necessaria a raggiungere lo scopo, e ijtihād, l’impegno per un corretto discernimento dei testi sacri che è indispensabile per il proprio perfezionamento spirituale.

Correttamente inteso, il Jihād è pertanto lo “sforzo” di perfezionamento spirituale (scopo) che ogni musulmano è chiamato a intraprendere sulla “Retta Via” (Sūrah “Al Baqara”, 2:108), che lo riconduce ad Allāh (swt) l’Altissimo. Tale “sforzo” può implicare in teoria la necessità del sacrificio ultimo in un conflitto armato, ma è lo stesso Profeta Muhammad (saw) a precisare in un Hadīth che la “battaglia più grande” che il musulmano è chiamato a combattere si svolge nella propria interiorità.

“Il Mujāhid è colui che combatte contro se stesso”, spiega il Profeta (saw), consapevole dell’importanza della distinzione, ribadendo appositamente l’assoluta preminenza del Jihād spirituale, “senza spada”, detto anche “superiore”, e riservando il rango di “minore” al Jihād combattuto in un fronte di guerra che non sia quello interiore: “La battaglia migliore è combattere contro la propria anima e contro le proprie passioni lungo la via di Allāh l’Altissimo”.

D’altro canto, le tragedie provocate dall’estremismo hanno fatto sì che per il senso comune il Jihād consista erroneamente nella “guerra santa” per l’imposizione con la forza dello “Stato Islamico”, azioni terroristiche comprese. I musulmani di tutto il mondo devono allora riunirsi in un rinnovato “sforzo” collettivo, volto alla riaffermazione del significato originario di Jihād e del messaggio, dello spirito e dei contenuti dell’Islām autentico. I musulmani sono chiamati a un Jihād “culturale” che, a partire dal Corano e dagli Hadīth, si contrapponga in maniera autorevole e vincente alle false argomentazioni dell’estremismo, gettandolo una volta per tutte nella pattumiera della storia.

Nell’epoca odierna, è in corso un processo di crescente incontro tra le religioni e l’Islam è chiamato per sua stessa natura ad assumerne la guida, testimoniando la “verità” universale nel dialogo e nella cooperazione, senza coercizione. È questo il solco tracciato dal Profeta Muhammad (saw), secondo le prospettive di pace desiderate da Allāh (swt) per il genere umano.

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